Alcuni chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate in merito al Bonus Sud ed estratte da diversi interpelli

Settembre 9, 2020

Abbiamo pensato di mettere insieme diversi chiarimenti contenuti in interpelli rilasciati dall’Agenzia delle Entrate sul credito di imposta per investimenti nel Mezzogiorno, noto anche come bonus Sud. Di seguito puoi legger 

Il Sud e la Coesione territoriale: cosa c’è nel dl rilancio per il Mezzogiorno

Prorogato dalla Legge di Bilancio 2020, il bonus Sud consiste in un credito di imposta a favore delle imprese che, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2020, effettuano l’acquisizione, anche mediante contratto di locazione finanziaria, di beni strumentali nuovi, in particolare macchinari, impianti e attrezzature varie, facenti parte di un progetto di investimento iniziale e destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo.

I beni sono connessi alla centrale

Gli investimenti in macchinari informatizzati accedono al bonus Sud, anche se i beni sono utilizzati al di fuori della zona agevolata dove è ubicato lo stabilimento centrale, in quanto hanno comunque la finalità di incrementare la capacità produttiva e l’efficienza dello stesso stabilimento.

È questa la sintesi della risposta n. 252 del 6 agosto 2020, con la quale l’Agenzia garantisce alla società istante la possibilità di fruire dell’agevolazione fiscale. Viene indicata un’unica condizione: che la stessa azienda mantenga, in ogni caso, il possesso dei beni, anche quando questi ultimi vengono utilizzati presso strutture localizzate al di fuori dei territori agevolabili, sopportandone i relativi rischi (guasti, responsabilità civile verso terzi, eccetera) e servendosi, per il loro impiego, di proprio personale.

In sostanza, anche se il credito di imposta spetta esclusivamente per investimenti in beni strumentali nuovi facenti parte di un progetto di investimento iniziale e destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni del Mezzogiorno, in presenza di un dimostrabile nesso tra la struttura produttiva e i luoghi in cui il bene acquistato viene effettivamente utilizzato, è possibile accettare una deroga alla norma.

Infatti, solo se esiste uno stretto vincolo di connessione funzionale tra bene agevolabile e struttura produttiva collocata in uno dei territori agevolabili, l’investimento può contribuire alla crescita di tale struttura produttiva e può essere considerato come sua mera diramazione, a prescindere dalla presenza fisica dello stesso in azienda. Quindi, in ogni caso, l’istante deve mantenere il possesso del bene anche quando viene utilizzato al di fuori dei territori agevolabili, sopportandone i relativi e servendosi di proprio personale per il suo utilizzo.

Bonus costante anche in nuova sede agevolata

Un altro recente chiarimento sul bonus Sud pubblicato dall’Agenzia delle Entrate spiega che quando la struttura produttiva sulla quale sono stati effettuati investimenti che hanno dato diritto all’agevolazione viene trasferita insieme ai beni scontati, prima del quinto periodo d’imposta successivo a quello in cui sono entrati in funzione, in un altro luogo comunque agevolato, l’incentivo non si ricalcola.

Nella risposta n. 251 del 6 agosto 2020, l’Agenzia chiarisce infatti che il motivo per cui può dirsi evitata la clausola prevista dal comma 105 della norma introduttiva dello sconto fiscale (articolo 1, commi da 98 a 108, legge n. 208/2015), in base alla quale “se, entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione, i beni sono dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all’agevolazione, il credito d’imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni anzidetti”. Una norma mirata ad aggirare il pericolo che i beni agevolabili siano distolti dalle strutture produttive che hanno dato diritto all’agevolazione per essere destinati a operare in territori diversi dalle zone assistite.  

L’istante nel caso in questione è una società che ha ottenuto il credito d’imposta nel 2018 e, ora, intende spostare la struttura produttiva ubicata in un centro commerciale all’interno di un nuovo punto vendita situato in altro comune nella stessa provincia, presso il quale verranno trasferiti tutti i beni agevolati. Il soggetto teme che questa operazione possa rientrare tra le cause di decadenza o rideterminazione del credito d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno previste dalla norma e dalla prassi in materia.

L’Agenzia chiarisce il dubbio considerando la circolare n. 34/2016, nella quale viene specificato che “per ‘struttura produttiva’(..) deve intendersi ogni singola unità locale o stabilimento, ubicati nei territori – delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo – richiamati dal comma 98, in cui il beneficiario esercita l’attività d’impresa”.

Per questo, visto che l’istante vuole trasferire il punto vendita in cui si trovano i beni agevolati da un comune a un altro della stessa provincia assistita dal beneficio, l’investimento originario ha tutti i requisiti per fruire del credito d’imposta per il Mezzogiorno con la stessa intensità. 

Ammessa la cessione dei punti vendita

Il credito di imposta per investimenti nel Mezzogiorno non decade se i beni agevolati non vengono dismessi o ceduti a terzi, ma restano parte integrante dell’azienda che viene affidata in gestione ad un soggetto terzo tramite contratto di affitto.

Il Fisco lo ha chiarito con la Risposta n. 75 del 13 marzo 2019 a seguito dell’interpello di una società di commercio all’ingrosso e al dettaglio che vorrebbe accedere al credito d’imposta per il Mezzogiorno con riferimento alle spese sostenute per la realizzazione di un nuovo supermercato in un Comune della Campania che intende poi cedere ad un terzo soggetto economicamente indipendente, per la gestione, con contratto di affitto di ramo d’azienda.

Bonus rideterminato se si modifica il piano d’investimento

Ai fini della fruizione del credito è necessario compilare e inoltrare telematicamente all’Agenzia delle entrate l’apposita comunicazione, nella quale è esposta la cadenza temporale dell’investimento programmato, e sono indicate le somme investite e il relativo credito di imposta.

Un nuovo chiarimento in tal senso è arrivato con la risposta all’istanza di consulenza giuridica n. 1 del 3 febbraio 2020.

In caso di traslazione integrale o parziale degli investimenti originariamente programmati – specifica il Fisco – la presentazione di una comunicazione di rettifica comporta la rideterminazione degli anni in cui il credito d’imposta è da considerarsi fruibile, con effetti indiretti sulle previsioni di spesa, ma senza incidere sul diritto alla fruizione del credito, che resta subordinato all’effettivo realizzo degli investimenti. 

Ammissibile il trasferimento dalla società ai soci

Nella risposta a interpello n. 85 del 5 marzo 2020, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimento sul trasferimento ai soci del credito d’imposta d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno. 

In particolare, il Fisco ha evidenziato come l’attribuzione ai soci del credito maturato in capo alla società non configura un’ipotesi di cessione del credito d’imposta, ma ne costituisce una particolare forma di utilizzo.

In base a quanto previsto infatti dalla risoluzione n. 163/E del 2003 “Il reddito di partecipazione imputato ai soci, infatti, ha la stessa natura – di reddito d’impresa – di quello conseguito dal soggetto partecipato e ne rappresenta la mera ripartizione. Le società, quindi, indicano in dichiarazione il credito maturato e quello già utilizzato entro il termine di presentazione della dichiarazione stessa ed utilizzano il residuo compensandolo direttamente con le imposte e i contributi da esse dovuti, oppure attribuendolo, in tutto o in parte, ai soci in proporzione alle quote di partecipazione agli utili”.

La risoluzione specifica anche, in linea di principio, le condizioni che consentono di trasferire ai soci le agevolazioni concesse alle società di persone in forma di crediti d’imposta, ribadisce che l’attribuzione ai soci del credito maturato in capo alla società non configura un’ipotesi di cessione del credito d’imposta, ma ne costituisce una particolare forma di utilizzo e chiarisce che i soci potranno utilizzare la quota di credito loro assegnata solo dopo averla acquisita nella propria dichiarazione. 

Conferimento d’azienda e trasferimento del credito

Un contribuente che ha conferito la propria azienda alla neocostituita società di cui è rappresentante legale e socio unico, non deve presentare una nuova richiesta per trasferire il residuo del credito d’imposta “Mezzogiorno” dalla vecchia alla nuova impresa. 

La comunicazione al Fisco arriva tramite opportuna compilazione del modello F24. È quanto ha precisato l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 143 del 25 maggio 2020

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